La mano del maestro si vede, soprattutto nei dettagli, l'uso della cinepresa permette allo spettatore di accompagnarsi al protagonista e al suo mondo psicotico. Quello interpretato da DeNiro è un personaggio difficile da decifrare, una bomba a orologeria, un po' naif per il modo in cui viene presentato, oggi può sembrare più grottesco che inquietante. E' evidente infatti la sua escalation verso la soluzione finale ma la trama che vi conduce risulta un po' contorta, a volte pretestuosa e, sebbene questo aiuti a rendere l'idea della confusione che regna nella testa del tassista, finisce anche col distrarre lo spettatore, dando la sensazione di procedere a singhiozzo, come se nemmeno il narratore sapesse dove sta andando a parare.
Resta inalterato lo sconcerto, soprattutto nel finale post-sparatoria. Lo scontro a fuoco infatti è previsto, tutti si aspettano che prima o poi quel tipo strano e un po' impacciato perda la bussola e commetta qualche pazzia, dopotutto uno così non si comprerebbe un'intera armeria solo per portarsela a spasso. Il fatto però che, dopo, tutto torni come prima, con in più la benedizione della comunità, è forse la cosa più inquietante di tutto il film. Come se le autorità, i cittadini e gli amici fossero tutti d'accordo nel considerare un eroe qualcuno che, con l'intento lodevole di far uscire una sfortunata ragazza dal giro della prostituzione, ammazza gente, pur se esponenti della mala. Forse perché nessuno sa che lo stesso individuo aveva tentato poco prima di far fuori un politico di spicco durante un comizio, in un atto che si potrebbe considerare di terrorismo.
Se è vero quindi che, quando Taxi Driver uscì nelle sale, buona parte dello scalpore fu provocato dalla ruvidezza e dal realismo delle sue scene, è forse anche vero che Martin Scorsese voleva soprattutto dimostrare come una società in difficoltà di fronte al crimine, possa cedere alla tentazione di giustificare la violenza per combattere altra violenza, finendo col far precipitare se stessa in una spirale senza controllo, costellata da mine vaganti. Una situazione ben rappresentata dal personaggio candidato alla presidenza, colui che dovrebbe dare voce alle speranze e alle idee della gente ma che purtroppo, spesso, arriva a capirlo troppo tardi o non vi arriva affatto, lasciando solo chi è in difficoltà. Fino a quando qualcuno decide che ne ha abbastanza e si mette a fare la guerra per conto suo.
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