L'idea di vivere in un mondo totalmente finto è inquietante, soprattutto da quando ci si è resi conto che
si tratta di una possibilità molto difficile da realizzare ma non tecnologicamente impossibile. Naturalmente un grado di virtualizzazione così elevato e perfetto è impensabile ma non è scontato che un giorno non ci si possa arrivare e questa consapevolezza è ciò che intriga. Non solo, il messaggio che arriva è che, per quanto ne sappiamo, potremmo già essere dentro Matrix, potremmo esserci sempre stati, senza rendercene conto.
Come dice Cypher, uno dei personaggi, la cosa non è poi così drammatica: tutto sommato Matrix funziona bene, ci si sta a meraviglia, ho ciò che desidero, perché dovrei rifiutarla? Nessuno può permettersi di condannare questa posizione, in fondo non c'è nulla di male a scegliere di vivere in gabbia, ciascuno di noi è alla ricerca della felicità e se la si trova (o si crede di trovarla) fra le sbarre di una prigione va bene così. Ma la parola chiave è "scegliere", il libero arbitrio è il principio sul quale non si può discutere, in questo consiste il concetto di libertà.
Matrix mette in dubbio l'esistenza di questo principio: siamo liberi o crediamo di esserlo? Come uno dei personaggi recita durante il film, sentiamo che qualcosa non quadra. E vogliamo vederci più chiaro. Ma saremo in grado di affrontare la realtà, se mai la troveremo? Avremo il coraggio necessario? Quanto siamo disposti a perdere per conoscere infine la verità? Ammesso che una verità esista davvero.
Matrix instilla dubbi su dubbi, come una sala degli specchi, dove la nostra immagine si riflette all'infinito. La soluzione è una sola, cercare la verità non fuori ma dentro noi stessi. Quando infine saremo riusciti a guardarci allo specchio, ad affrontare le nostre paure e le nostre insicurezze, allora il "dove" saremo non sarà più così importante. Sapremo "chi" siamo e nessuno potrà più ingannarci.
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