domenica 13 gennaio 2013

THE ARTIST - Michel Hazanavicius

La comunicazione avviene attraverso i sensi, dalla sintesi dei cinque di cui disponiamo otteniamo un'informazione da elaborare. Più è complessa la comunicazione, più sensi coinvolge e più impegno richiede a noi per elaborare il messaggio. Concentrarsi su un singolo aspetto permette di essere più attenti, più precisi e quindi di ottenere un'analisi più dettagliata, più approfondita. O, in questo caso, più divertente.
Essendo un film muto, The Artist permette di concentrarsi sull'unico senso fondamentale del cinema, la vista e grazie a questo arriva dritto allo spettatore nella sua interezza ed essenza. Al di là della "novità" di apprezzare un film senza sonoro, guardando The Artist si resta colpiti dalla recitazione degli attori, molto diversa da quella tradizionale. L'espressività dell'interprete gioca un ruolo determinante, la mimica facciale e la postura del corpo rendono superfluo il sentire ciò che dice, la sua espressività permette di capirlo senza difficoltà. Laddove il percorso della storia lo rende necessario intervengono sintetici cartelli con la battuta recitata ma si tratta di brevi e rari momenti. Chi pensa che l'assenza del sonoro renda noioso lo scorrere del film si sbaglia di grosso, sarà la bravura degli attori, sarà la sapienza del regista, The Artist è appassionante, non si può restare indifferenti di fronte al dramma vissuto dal personaggio di George Valentine. Tutta la storia viene narrata con l'uso di immagini, non c'è una battuta scritta o pronunciata che dica "è successo questo" oppure "ho fatto quello". L'esposizione visiva prodotta dal regista Hazanavicius è sufficiente a rendere chiaro quanto sta succedendo, con il giusto ritmo, la giusta dinamica, la giusta passione. La musica è il solo unico commento sonoro, un aiuto, un completamento ma non una vera necessità, la narrazione sta benissimo in piedi da sola.
Guardando un film come The Artist si ha la netta sensazione che spesso un materiale semplice nella struttura ma complesso nella sostanza dà modo a chi vi si avvicina di apprezzarne appieno le sfumature e i significati più intimi. Un'opera satura di "agenti sollecitanti" può rischiare di confondere, di stordire, soprattutto quando sono di scarsa qualità. E' una questione di educazione alla percezione. Godere della buona tavola partendo da un sofisticato piatto di alta cucina può rappresentare uno spreco di tempo: senza dubbio si sarà in grado di cogliere la bontà della pietanza ma non si potrà avere una chiara idea del suo vero valore se prima non si ha avuto modo di assaggiare un buon piatto di spaghetti al pomodoro.
                              
Anno di pubblicazione: 2011

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